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SCOPAMI
(BAISE - MOI)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 30 settembre 2000
 
di Virginie Despentes e Coralie Trinh Thi, con Raffaëla Anderson, Karen Bach, Céline Beugnot, Karim Sabaddehine (Francia, 2000)
 
Si vorrebbe tanto difendere un film indifendibile come BAISE-MOI. Un film che inizia con una scena insostenibile (ma non inedita) di violenza, di sopraffazione e di umiliazione. Una scena che rappresenta (intelligentemente: ma l'avranno fatto apposta?) una situazione che si situa esattamente agli antipodi di quella invocata dal titolo del film (nella versione italiana: SCOPAMI), poiché si tratta di uno stupro. Esemplare, in quanto analizza (ed al tempo stesso si sbarazza dell'ipocrisia sulla quale si è costruita la reazione maschilista, e di conseguenza molta legislazione in proposito) perfettamente l'avvenimento. Una delle due protagoniste resiste: ed è massacrata di botte. L'altra, lo subisce passivamente, senza difendersi, quasi con un'indifferenza. Dirà, più tardi, che il suo sesso è come l'automobile da lei parcheggiata ogni sera nel suo quartiere a rischio: poiché è sicura che, presto o tardi, finirà per essere scassinata, ha deciso, una volta per tutte, di non lasciarci nulla che valga la pena di essere conservato.

Si vorrebbe proprio, allora, difendere un film nato da tanta disperazione. Una nuova specie, più provocatoria, più europea pure di THELMA & LOUISE, nella quale due donne decidono di rovesciare i ruoli. Non solo nei confronti del Maschio predatore. Assumendone tutte le prerogative più negative: il diritto alla prepotenza, psicologica, fisica, sociale. Ma pure nei confronti della Morale. Arrogandosi il diritto di trasgredire e di aggredire, sessualmente, fisicamente. Il diritto, infine di uccidere.

Difendere un film che decida, sulle ali di tante motivazioni, di rovesciare di pari passo altre convenzioni: quelle cinematografiche. Altrettanto imprescindibili alla buona riuscita dell'operazione. Sono quelle espressive: che costituiscono pur sempre (visto che di un film, e non di altro si tratta) la vera, la sola via a disposizione del cineasta per raggiungere il proprio scopo al di fuori di tante belle chiacchiere. Ed allora il film nel quale due attrici provenienti dal porno siano in grado di evitare la simulazione delle scene di sesso; e va bene. Ma pure il film di una rivolta: durante la quale la rappresentazione pornografica della violenza sottometta finalmente il maschio al ruolo nel quale ha destinato da sempre la femmina.Questo doveva essere, per funzionare al di fuori delle spinte di una censura come al solito becera e controproducente, BAISE-MOI: un film in cui le regole espressive a disposizione dell'autore (la sceneggiatura, la progressione drammatica, il taglio della ripresa, il montaggio, il suono, la musica, eccetera) tendessero con energia (proprio quella sostenuta dai difensori della pellicola) verso un'unica direzione: la contraddizione delle regole canoniche della rappresentazione. E, di conseguenza, della morale che quella rappresentazione sottintende.

Ma BAISE-MOI, dopo quella scena di stupro terribile (ma giustificata: poiché avrebbe dovuto costituire l'elemento scatenante di tutta una serie di reazioni logiche e conseguenti) si affloscia su un'insipienza espressiva che finisce per diventare il vero, il solo motivo di rigetto da parte dello spettatore. La scrittrice del romanzo al quale s'ispira il racconto, Virginie Despentes, la co-regista Coralie Trinh Thi proveniente dall'hard, le due attrici a luci rosse Raffaela Anderson e Karen Bach s'imbarcano in un'impresa la cui disperazione ha sempre meno a che fare con quella dello stupro dell'inizio. E, sempre di più, con quella di un disordinato conformismo espressivo (del tutto simile a quello dei prodotti della morale al quale il film vorrebbe ribellarsi): che l'insuccesso commerciale di un film, nato fin dalla sua presentazione a Cannes nel segno dello pseudo - scandalo e della diffusione selvaggia, ha finito per confermare

Il pubblico ha (quasi) sempre ragione? Fatto sta che la violenza di BAISE-MOI non è di certo più scandalosa di quelle che ci accompagnano in qualsiasi prima serata televisiva. Le scene di sesso, esplicite e genuine fin che si vuole ma terribilmente ripetitive, sono quelle contenute in qualsiasi cassetta hard in vendita nelle edicole. E - fatto ancora più grave nell'ottica presunta dell'operazione - che tutto ciò avvenga "al femminile" non cambia di una virgola l'effetto sullo spettatore.


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